La scorsa settimana, in un cotesto diverso da quello di cui parlerò, si è parlato del valore intrinseco di un bene o servizio. Cioè del valore che il bene o servizio ha di per se e non in rapporto al suo valore economico.
Bene, è mia convinzione che i servizi alla persona, sanità, istruzione, servizi sociali, ecc. rientrino in questa fattispecie. Il servizio sanitario, ad esempio, non può essere valutato in termini economici: redditività e costi. In altre parole quanto ci guadagno a produrlo o nelle migliori delle ipotesi quanto mi costa produrlo. Ragionare in termini meramente economici verso un servizio alla persona porta necessariamente a scelte che privano le comunità, soprattutto quelle più piccole di tali servizi.
Pensiamo all'istruzione. Spesso si motiva la chiusura di una scuola in un piccolo abitato con ragioni di eccesso di costi, evitabili trasferendo gli alunni in un plesso scolastico più grande. E già questo sarebbe da dimostrare. Così facendo non si valutano gli effetti sociali di tale scelta.
Ritenere che i servizi alla persona hanno un valore di per se, e che lo stato e le comunità debbano garantirli al di là degli inevitabili costi, non significa legittimare lo spreco. Significa semplicemente ritenere che il dato economico non è il metro corretto per valutare la bontà e il ritorno dell'investimento in tali servizi.
Immaginare di utilizzare gli strumenti economici classici per stabilire gli investimenti nei servizi alla persona è miope e non può che portare al declino della società che facesse una simile scelta.
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